Persecuzione in Italia

di Roberto Bracco




Questo lavoro è stato tratto dal sito della "Comunità Evangelica Pentecostale" dell'"Assemblea Cristiana Evangelica Chiesa ALFA e OMEGA" all'indirizzo web:
http://www.chiesadiroma.it/index.htm alla pagina interna: http://www.chiesadiroma.it/RBracco/Persecuzione/persecuzione.htm



Capitolo 2: Dio è potente a liberarci



1. Fiducia nella persecuzione

2. Potenti liberazioni

3. Anche se non ci libera




1. Fiducia nella persecuzione

«... l'Iddio nostro, al quale serviamo è potente a liberarci...» (Daniele 3:17).

La frase dei tre fratelli ebrei è stata, durante il periodo della persecuzione, il motto ed anche la regola spirituale delle comunità d'Italia.

Ogni chiesa ed ogni fedele hanno compiuto il proprio cammino con la convinzione profonda che Iddio era potente da manifestare aiuto e liberazione in ogni prova. Quindi le prove, i dolori, le persecuzioni non rappresentavano, per i cristiani, un segno della debolezza od impotenza di Dio, ma soltanto una manifestazione dei Suoi piani e della Sua volontà.

Sempre, infatti, di fronte ai feroci assalitori, i cristiani hanno ripetuta la testimonianza di Sadrac e dei suoi compagni: «... l'Iddio che serviamo è potente a liberarci...»

Quante volte abbiamo visto davanti a noi funzionari schiumanti di rabbia, quasi folli d'ira, che, sembrava, volessero stritolarci, annientarci!

Quante volte ci siamo sentiti gridare in faccia le loro terribili minacce;

quante volte cioè si è presentato agli occhi nostri lo spettacolo di una potenza umana, di una potenza infernale che sembrava schiacciarci!...

Ci siamo sgomentati o abbiamo riconosciuta la grandezza di questa diabolica potenza?

No! Abbiamo continuato a ripetere, di fronte ai persecutori, ma soprattutto nell'intimo del nostro cuore: «Iddio è potente a liberarci!»

Questa convinzione e questa testimonianza non sono state però mai indipendenti dalla convinzione espressa nella seconda frase dei tre compagni ebrei: «Se Iddio non ci libera, noi faremo ugualmente la Sua volontà»

Egli è potente a liberarci, ma se, per l'adempimento dei Suoi piani gloriosi ed eterni, ritiene più opportuno lasciarci nel fuoco della persecuzione, noi continueremo ugualmente ad onorare e glorificare il Suo nome con fede e dedizione.

In questi termini la nostra testimonianza risultava completa e la nostra convinzione sana e perfetta.

Ci liberi o non ci liberi, avanti; avanti con il Signore.

E tutti insieme ripetendoci queste dolci e potenti parole, abbiamo proseguito il nostro cammino.


2. Potenti liberazioni

L'Iddio fedele molte e molte volte ci ha mostrato e dimostrato che era potente da compiere liberazioni miracolose in nostro favore e queste ripetute dimostrazioni furono sufficienti in quei giorni per ricordarci che quando Egli non ci liberava doveva adempiere, nella nostra sofferenza, un piano per la Sua gloria e per la nostra edificazione.

Personalmente ebbi modo di esperimentare ripetutamente l'intervento miracoloso di Dio e di constatare, perciò, che tutto si svolgeva secondo i piani intelligenti che il Signore doveva portare ad esecuzione.

Fra le tante liberazioni ne ricordo una realizzata lontano dalla mia città.

Fui invitato a Terni, dove era sorta una piccola comunità piena di fervore e di entusiasmo cristiano.

Accettai l'invito e mi recai in quella cittadina assieme ad una sorella della comunità. Non appena giunti, ci recammo presso una famiglia di fedeli che era in attesa del nostro arrivo e lì iniziammo una conversazione cristiana.

Eravamo là soltanto da poco tempo, forse 30 minuti, quando giunse un giovane fratello tutto trafelato ad avvertirci che un notevole numero di agenti di pubblica sicurezza avevano invaso diverse abitazioni di fedeli e dovunque domandavano di me.

Mi ricercavano attivamente per arrestarmi.

Da chi erano stati informati del mio arrivo non ho potuto mai saperlo, ma una cosa seppi in quella occasione e cioè che ero ricercato.

Senza indugio lasciai quella casa e mi misi in giro per la città unitamente alla sorella che mi aveva accompagnato. Peregrinammo lungamente aspettando fiduciosamente gli eventi, ma la trepidazione ci riscaldava il cuore; eravamo giustamente in ansia per i fedeli presso i quali la polizia mi ricercava.


Camminando in tutte le direzioni, cercai di stringere iI cerchio dei miei passi verso la casa della famiglia che rappresentava il centro della comunità del luogo.


Giunsi nei pressi di quella casa e cercai di osservare da lontano quello che stava avvenendo. Non riuscii a notare nulla e perciò mi decisi, avanzando cautamente, di approssimarmi alla casa.

La zona era quasi deserta ed io con apparente noncuranza ed indifferenza presi a camminare verso il portoncino

Giunsi davanti all'ingresso: nulla! Tutto silenzio Non sapevo se entrare o allontanarmi; all'improvviso presi la decisione di accostarmi alla finestra che era a fianco del portone, alla distanza forse di un metro per cercare di osservare, attraverso le imposte chiuse quello che avveniva nell'interno.


Con la massima cautela mi avvicinai e cercai di guardare nell'interno.
Le imposte erano molto serrate ed il mio sguardo non riusciva a penetrare attraverso le fessure, ero intensamente concentrato nel mio intento, quando improvvisamente mi trovai circondato da un folto gruppo di guardie.

Erano venti? Erano trenta? Non potrei dirlo, ma ricordo chiaramente che erano moltissime. Mi erano giunte alle spalle senza che me ne accorgessi; perché ero profondamente intento a superare l'ostacolo delle imposte per poter vedere quello che avveniva nell'interno della casa.

Mi voltai: le guardie erano intorno a me; eravamo assolutamente soli in quella zona. Non mi scoraggiai, anzi presi a camminare; attraversai il cerchio guardie; mi allontanai, mi persi nuovamente nella città lontano da loro e dalla loro rabbia.

Che cosa era avvenuto? Non so; ma io credo che le guardie mi abbiano guardato senza vedermi; mi abbiano circondato senza accorgersi che io mi allontanavo indisturbato attraversando le loro file.

Si, l'Iddio nostro è potente da liberarci; da liberarci individualmente, come ha fatto tante e tante volte verso di me e verso tutti i fedeli durante la persecuzione; ed anche da liberarci collettivamente, quando con questi mezzi intendeva glorificare il Suo nome.

Quante volte la polizia credeva di averci nel pugno mentre noi gli uscivamo dalle dita in maniera miracolosa!

Quante volte era costretta a consumarsi di rabbia a causa dei metodi meravigliosi che Iddio usava per nasconderci agli occhi di quanti ci combattevano!

Ricordo, fra le molte memorie, una liberazione potente quanto graziosa.

Si teneva una riunione di culto a notte avanzata nel fondo di una campagna posta nell'estrema periferia della città. I fedeli conoscevano il luogo, perchè era stato usato molte volte per lo stesso scopo e quindi si trovarono raccolti per l'ora stabilita.

Il buio di una notte senza luna circondava i fedeli di una densa cortina. Iniziarono gli inni sommessi...


All'improvviso, cosa strana, due, tre, cinque, otto piccole luci si accesero in mezzo al gruppo. Erano fuochi di sigarette. I fedeli compresero che diversi inconvertiti si trovavano in quel medesimo luogo, ma non furono colti da preoccupazione; la riunione continuò regolarmente.


Dopo gli inni, la preghiera; dopo la preghiera, ancora un inno; poi le testimonianze, la predicazione, un inno, una seconda preghiera, ed infine la riunione si chiuse.

Tutti presero la via del ritorno e in ordine sparpagliato raggiunsero nuovamente la città per avviarsi alle proprie abitazioni.


Una settimana dopo venimmo a sapere, in maniera veramente miracolosa, che un gruppo di guardie, inviate espressamente per arrestare i fedeli, erano state presenti alla riunione senza poter eseguire l'ordine ricevuto.


Esse avevano vagato lungamente per le campagne e finalmente, guidate anche dalla voce, che, benché lieve veniva portata dal silenzio della notte, erano giunte in mezzo al gruppo.


Prima di procedere all'operazione di polizia avevano voluto ascoltare: i cantici li commossero, le testimonianze e le preghiere suscitarono un sentimento di riverenza nei loro cuori, poi giunse la predicazione che li compunse. Iddio li vinse ed essi si ritrovarono assieme alla fine della riunione decisi di tornare ai superiori solo per annunciare che l'operazione era stata infruttuosa.

Si, l'Iddio nostro è potente da liberarci!

La certezza in questa potenza era il nostro conforto quando la liberazione tardava o non veniva. Dicevamo tutti nell'intimo del nostro cuore: «Iddio potrebbe liberarci; se non ci libera, è soltanto perché ha un piano glorioso da adempiere, oppure perché vuole provare la nostra fedeltà verso il Suo nome».

Questo pensiero intimo ma solido ci dava forza per ripetere di fronte agli assalitori: “Anche se il Signore non ci libera, noi continueremo a fare fermamente la Sua volontà”.


3. Anche se non ci libera

E Iddio veramente permise, in quell'epoca, delle prove che, considerate oggi, appaiono ben dure.

Dico: “considerate oggi” perché ieri, mentre le attraversavamo, ci sembravano cose normali e quasi di poca importanza: la virtù della grazia di Dio ci fortificava per sostenere e superare ogni cosa con facilità.

Ma oggi, volgendo lo sguardo indietro, possiamo vedere la profondità della prova e possiamo rendere lode a Dio che ci ha aiutati per affrontarla vittoriosamente nel Suo nome.

Intere famiglie sono vissute smembrate per anni ed anni; decine e centinaia di fratelli si sono consumati nell'esilio o nelle prigioni.
Posizioni sociali rovinate, salute distrutta, affetti calpestati: queste sono state le conseguenze della persecuzione, quando Iddio, per glorificare il Suo nome e per adempiere i Suoi piani meravigliosi, non ha voluto manifestare una liberazione dalla prova.

Oggi possiamo riconoscere che tutto fu per il nostro bene e che Iddio ha sempre agito con sapienza infinita; ieri ci bastava sapere che Egli era potente da liberarci per aver coraggio di servirLo anche se Egli non ci liberava.

Qualche volta la prova era prolungata, spinta fino al martirio, ma anche in quella i figliuoli di Dio sapevano ripetere: «Se non ci libera, Lo serviremo ugualmente».

Ricordo di un caro fratello della nostra comunità a nome I.. Egli accettò il Signore nel periodo della persecuzione.

Tutti coloro che facevano una decisione per Cristo, in quell'epoca, erano pronti e risoluti per affrontare le lotte ed i combattimenti. Anche questo fratello, pieno di zelo e di entusiasmo cristiano, era pronto a soffrire per il Maestro.

Veramente la sofferenza non si fece attendere: fu arrestato e subito rimpatriato assieme alla sua famigliuola.


Egli aveva, nella nostra città, una discreta posizione lavorativa, ma gli fu-rono tolti lavoro, casa, residenza e fu mandato al suo paese nativo ove era sprovvisto di ogni cosa; quindi fu ridotto alla miseria.

Questo fratello non si scoraggiò, anzi subito incominciò ad evangelizzare Cristo ai suoi paesani.


Egli accettò quella prova come adempimento del piano divino che voleva la salvezza delle anime del suo paese. In poco tempo il Signore raccolse nel Suo ovile un discreto numero di pecore erranti: una piccola comunità sorse in quella sperduta località montana.

Quest'opera suscitò la reazione violenta delle autorità politiche del luogo. Queste tramarono una congiura infernale contro il fedele servitore di Dio e lo fecero arrestare.

Fu fatto comparire, sotto accuse maligne, davanti al terribile tribunale fascista per la difesa del regime e lì, senza potersi difendere, fu condannato a cinque anni di prigione.
Un'amnistia ridusse la prigione a tre anni e quindi per tre anni il fedele fratello fu rinchiuso in una orrida e malsana prigione delle Marche, ove, fra l'altro, fu sottoposto alle angherie del cappellano carcerario, che in Italia rappresenta una terribile autorità nel seno delle prigioni.

Nella prigione egli contrasse una grave malattia che in quell'ambiente favorevole ebbe possibilità di svilupparsi progressivamente.


Giunse il giorno della liberazione; questo fratello fece ritorno alla sua famiglia, al suo paese e, naturalmente, fece anche ritorno a coloro che avevano accettato Cristo per la sua testimonianza.

Egli riprese insomma la sua attività cristiana ripetendo con Paolo: « ... Io non fo conto di nulla e la mia propria vita non mi è cara ».

Ma la sua attività fu interrotta violentemente ancora una volta: arrestato ed esiliato, si trovò nuovamente lontano dai suoi, dal suo lavoro. Fu assegnato ad una colonia confinaria e sottoposto a lavoro forzato. Per altri tre anni il suo fisico continuò a logorarsi nella malattia e nelle privazioni.


Quando fece ritorno al suo paese, era ormai l’ ombra di se stesso; ma se la sua carne era consumata, il suo spirito era ancora più ardente per il servizio del Maestro


Portò di nuovo l'entusiasmo del suo esempio alla piccola comunità, infiammando i fratelli con la benedizione del suo ministerio.


Fu arrestato di nuovo e letteralmente gettato a marcire in una prigione; senza processo, senza accuse lo lasciarono languire in una cella orrida... Giorni e giorni trascorsero sopra di lui, mentre la malattia lo consumava e lo faceva soffrire.


Un giorno gli aguzzini si accorsero che in quel povero corpo la vita stava per spegnersi: lo liberarono. Il loro non fu un atto di amore o di pietà ma soltanto azione di calcolo. Preferirono non assumersi la responsabilità della sua morte.

I familiari si recarono a ritirarlo; fu portato in casa, adagiato in un letto. Non c'era più vigore in quel corpo distrutto, ma lo spirito era potenza per la gloria di Dio ed infatti dopo pochi giorni, continuando a lodare costantemente il Signore, questo caro fratello partì da questa terra per andare con Colui che aveva amato più della sua vita.

Anche se non ci libera ...

In un paesetto a poca distanza dalla nostra città era sorta una piccola comunità molto zelante ma molto perseguitata.

Andavamo frequentemente a visitarla ed ogni volta era necessario raggiungere i fedeli arrestati dalla polizia o malmenati ferocemente dalla popolazione.

Un giorno le autorità locali, in seguito ad ordini superiori, arrestarono un fratello della piccola comunità assieme alla sua figliuola e li menarono, ambedue, nelle prigioni della nostra città.

Questo fratello non era giovanissimo ed era sofferente di cuore, la sua figliuola era una giovane fanciulla di circa venti anni.

Furono trattenuti lungamente in prigione e lì, privo dell'aria necessaria e delle necessarie cure, questo fratello ebbe un aggravamento del suo male. Nessuna misericordia fu usata nei suoi confronti, anzi, condannato all’esilio, fu inviato in un paesetto lontano e inaccessibile, mentre la figliuola, condannata alla medesima pena, fu inviata in altra località separata.


La polizia volle privare un malato dell'assistenza della figliuola ed una fanciulla della protezione del padre.

Essi non si scoraggiarono e, benché la lontananza reciproca, la lontananza dalla famiglia, la malattia rappresentassero una dura prova, continuarono a realizzare nel loro cuore che Iddio era potente da liberarli e che quindi se non li liberava voleva glorificare in modo diverso il Suo nome.


La giovanissima sorella si trovò sola, in un mondo ostile, lontana dai suoi, separata da suo padre. Le benedizioni di Dio rappresentavano il conforto della sua vita e la presenza di Gesù la sua dolce compagnia; mentre la preghiera era l’unico mezzo che le permetteva di sentirsi anche vicino ai suoi, presentandoli al trono della grazia divina.


Una sera, come di consueto, sola nella sua camera, si coricò: sognò un dolce ma duro sogno.


Si vedeva assieme a suo padre e uniti percorrevano un lungo sentiero; la compagnia desiderata era dolce e piacevole, ma, ad un tratto, suo padre la lascia e prende una nuova strada ed ecco che ella si accorge che il terreno sotto i suoi passi è difficoltoso, mentre quello sul quale cammina suo padre è piano. La sua strada appare piena di sassi e fiancheggiata di spine, quella invece del suo caro genitore livellata e fiancheggiata di fiori.


Suo padre si allontana sempre più rapidamente da lei e per quel piacevole sentiero sale, sale, sale sempre più in alto.


Ella lo chiama e quasi lo supplica di tornare indietro per unirsi a lei che non vuol rimanere sola, ma suo padre continua a salire e ad allontanarsi…


La cara sorellina si sveglia perplessa. Non sa se accettare quel sogno come un messaggio divino; ma ben presto ogni dubbio viene superato dalla realtà; ed ella riceve la ferale notizia che suo padre ha lasciato questo mondo pieno di spine e difficoltà per salire la strada della gloria verso il cielo.
Lontano dalla figliuola, lontano dalla famiglia, il caro fratello ha continuato il combattimento della fede ripetendo fino alla fine: “Egli è potente da liberarmi, ma anche se non mi libera, io glorificherò il Suo nome”.

Oggi che gli anni hanno allontanato questi episodi traboccanti di eroismo spirituale, noi possiamo riconoscere meglio l'aiuto onnipotente di Dio, che non si è manifestato sempre mediante la liberazione, ma che è stato in ogni circostanza efficace per sorreggere i combattenti nel cimento e nella prova.